Conciliazione obbligatoria possibilie declaratoria di incostituzionalità

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Il Tar Lazio, con ordinanza depositata il 12 aprile 2011 ha accolto i rilievi formulati nel ricorso introduttivo proposto dal cosiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli avverso il decreto legislativo 28 del 2010, ritenuto viziato da eccesso di delega, per contrasto con la legge 69 del 2009, per avere il Governo istituito un meccanismo di mediazione/conciliazione obbligatoria, e non meramente facoltativa, senza apposita autorizzazione del Parlamento.

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“L’assunzione di finalità deflative del contenzioso giudiziale, l’apprezzamento dell’equilibrio della soluzione prescelta e delle eccezioni previste rispetto all’esercizio del diritto di azione ex art. 24 Cost. e all’interesse generale alla sollecita definizione della giustizia ed al contenimento “dell’abuso del diritto alla tutela giurisdizionale” – posto che una siffatta tipologia di “abuso” possa essere legittimamente e genericamente visualizzata, a termini dell’ordinamento nazionale vigente, unico parametro lecito nella prospettiva propria dell’argomentazione, solo sulla scorta del dato costituito dal numero di contenziosi civili pendenti – non sono qui in discussione.
Si tratta, infatti, di questioni di merito sottratte all’ambito proprio del giudizio amministrativo, laddove, invece, più a monte, occorre verificare, in osservanza delle regole proprie dello scrutinio incidentale di costituzionalità di cui all’art. 1 della l. cost. n. 1 del 1948, se trattasi di scelte che il Governo era legittimato ad attuare, e con le previste modalità, in forza delle attribuzioni delegate dal Parlamento”.
Va escluso che l’art. 60 della legge n. 69 del 2009, con la locuzione del relativo comma 2 (regolare la riforma “nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria”), ovvero con il principio e criterio direttivo posto alla lett. c) del comma 3 (“disciplinare la mediazione nel rispetto della normativa comunitaria”) possa essere inteso quale delega al Governo a compiere ogni e qualsivoglia scelta latamente occasionata dalla direttiva comunitaria n. 2008/52/CE, che, come sopra si è rilevato, il Governo non è stato neanche espressamente chiamato a recepire.
Ma, sul punto, come già sopra accennato, è ancor più decisivo osservare che varie sono le opzioni da considerare a termini della direttiva in parola.
La prima e la più significativa, nonchè quella chiaramente compiuta dall’art. 60, è indubbiamente quella relativa alla estensione dell’applicazione delle disposizioni comunitarie sulla mediazione anche ai procedimenti interamente ricadenti nell’ordinamento nazionale, per i quali essa non è originariamente ed obbligatoriamente prevista.
La seconda è quella di valutare se il procedimento di mediazione debba essere “avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro” [art. 3, lett. a), direttiva n. 2008/52/CE].
La terza, logicamente conseguente all’ultima delle opzioni della seconda, è quella di apprezzare se, dinamicamente, lasciare “impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario” (art. 5, par. 2, direttiva n. 2008/52/CE)”. 

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