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Sosta irregolare anche se l’automobilista incorre in un parcometro privo del pagamento con carta di credito

Scenario dell’episodio è la provincia di Ravenna. A finire nel mirino della Polizia locale di un Comune è una vettura rinvenuta parcheggiata sulle strisce blu ma priva del necessario tagliando per la sosta a pagamento. Inevitabile il verbale redatto dagli uomini della Polizia locale, verbale che sanziona la sosta dell’autovettura in area parcometro, però senza esposizione del necessario ticket, verbale cui fa seguito l’ingiunzione ad hoc emessa dalla Provincia. Per il Giudice di Pace, però, la sanzione è illegittima, poiché «il parcometro non era abilitato al pagamento con carta di credito», come lamentato dal proprietario della vettura. Di parere opposto, invece, i giudici del Tribunale, i quali ritengono legittimo l’operato della Polizia locale e osservano che «all’epoca dei fatti, i parcometri installati sul territorio comunale erano tutti abilitati a ricevere pagamenti anche con carte di credito» mentre il proprietario della vettura «non ha contestato un cattivo funzionamento dell’apparecchiatura».

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Solo l’amministratore può opporsi al decreto ingiuntivo emesso contro il Condominio per debiti da beni comuni

Il Collegio ribadisce il principio secondo cui «il singolo condomino non ha autonoma legittimazione a proporre opposizione a decreto ingiuntivo emesso a carico del Condominio per i debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni, spettando essa unicamente all’amministratore». La decisione della Corte viene a seguito di un ricorso presentato da una condomina avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti del Condominio, sull’assunto che «il decreto ingiuntivo era stato emesso nei confronti del Condominio, il quale era l’unico legittimato ad opporvisi e che ai singoli condomini può essere riconosciuta una legittimazione processuale autonoma soltanto nelle controversie in materia di diritti reali concernenti le parti comuni dell’edificio condominiale». Secondo la ricorrente, però, la decisione è errata poiché contrasta con la normativa dettata in materia di condominio, soprattutto per quelle disposizioni che concernono l’attività del condominio. La Corte di appello di Salerno dichiarò il difetto di legittimazione della attrice alla domanda, affermando che il decreto ingiuntivo era stato emesso nei confronti del condominio, il quale era l’unico legittimato ad opporvisi e che ai singoli condomini può essere riconosciuta una legittimazione processuale autonoma soltanto nelle controversie in materia di diritti reali concernenti le parti comuni dell’edificio condominiale. Annullò quindi la decisione impugnata e dichiarò definitivo il decreto ingiuntivo per mancata opposizione.

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Apprendistato nullo se il piano formativo individuale non è scritto

La Corte di Cassazione, con la sentenza 13 marzo 2024 n. 6704, ha deciso che è nullo il contratto di apprendistato se anche il piano formativo individuale non è stato stipulato per iscritto oppure non è contenuto nel contratto stesso.
Nel caso in esame, una lavoratrice si era rivolta al Tribunale del lavoro affinché venisse dichiarata la nullità del contratto di apprendistato, chiedendo la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive quantificate anche sulla base del maggior orario di lavoro in concreto osservato.

La Corte d’appello, confermando la sentenza di primo grado e rigettando l’appello proposto dalla dipendente, seppur costatando che il contratto di apprendistato era privo del piano formativo che avrebbe dovuto avere la medesima forma scritta del contratto, tuttavia ha condiviso il ragionamento del giudice di primo grado secondo cui dalla mancanza di tale piano non poteva derivare la nullità del contratto di apprendistato, né tanto meno la conversione dello stesso in contratto ordinario, trattandosi di conseguenza non prevista dalla legge (nel caso di specie era l’art. 2, co. 1, lett. a), DLgs n. 167/2011), né desumibile dal contratto collettivo.

La lavoratrice ha così proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione che ha invece accolto le doglianze della ricorrente, evidenziando che la disciplina applicabile ratione temporis al caso di specie prevedeva l’osservanza della forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni della stipulazione del contratto.

La norma, quindi, richiedeva che fossero stipulati per iscritto sia i contratti di apprendistato che il piano formativo individuale.

La Suprema Corte ha anche evidenziato che l’elemento formativo qualifica la causa stessa del contratto di apprendistato professionalizzante e ciò rende particolarmente stringente la necessità che la volontà negoziale del lavoratore, nell’accedere al tipo contrattuale in questione, si formi sulla base della piena consapevolezza del percorso formativo proposto e della sua idoneità a consentire l’acquisizione della qualifica alla quale l’apprendistato è finalizzato.

Questa soluzione è quella maggiormente idonea a prevenire abusi della parte datoriale nella concreta configurazione del percorso formativo, una volta che il piano formativo individuale risulti cristallizzato nel documento contrattuale e non in un documento esterno al contratto.

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Separazione addebitata alla moglie violenta nei confronti del marito

Il Tribunale di Napoli pronunciava la separazione dei coniugi con addebito all’ex moglie. La decisione veniva confermata in appello dove veniva ritenuto sufficiente a confermare l’addebito un episodio di aggressione da parte della donna nei confronti del marito che, in realtà, costituiva uno dei ripetuti episodi di violenza posti in essere dall’appellante, a seguito dei quali si era consumata la crisi matrimoniale. La Cassazione ricorda che, in tema di separazione dei coniugi, le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole e anche quando siano concretizzate in un unico episodio, non solo la pronuncia di separazione personale, ma anche la dichiarazione dell’addebito.

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Il padre deve contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne studente universitario fuorisede

Un uomo veniva citato in giudizio dall’ex coniuge per essere sentito condannato al rimborso delle spese straordinarie sostenute per il mantenimento della figlia maggiorenne, ma non ancora economicamente autosufficiente, comprendenti il canone di locazione dell’alloggio universitario, le spese per un soggiorno di studio all’estero, le spese mediche e la retta di un corso di equitazione. L’uomo resisteva alla domanda sostenendo che si trattava di spese non concordate preventivamente e, comunque, non comprese tra quelle straordinarie. Successivamente il Tribunale competente accoglieva la domanda ma parzialmente, condannando l’uomo al pagamento di una somma, oltre interessi, a titolo di rimborso delle spese sostenute per la locazione dell’alloggio universitario e la retta del corso di equitazione. A seguito di impugnazione della decisione, la Corte di appello rigettava le domande del padre-appellante dopo aver premesso che per spese straordinarie devono intendersi quelle che, per la loro rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli e dopo aver precisato che l’effettuazione delle stesse non richiede la previa informazione o concertazione.

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ILLEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO DELLA MADRE LAVORATRICE IN IPOTESI DI FALLIMENTO DELL’AZIENDA.

La Corte di Cassazione ha stabilito con ordinanza n. 35527/2023 che è illegittimo il licenziamento comunicato alla madre lavoratrice a seguito della dichiarazione di fallimento dell’azienda poco dopo il rientro dal periodo di congedo di maternità obbligatorio e, comunque, entro l’anno dalla nascita del figlio.

I giudici, rigettando il ricorso proposto dall’azienda, hanno dato una lettura più rigorosa del concetto di “cessazione dell’attività” contenuto nell’art. 54 co.3 lett. b) del T.U. Maternità, intendendo lo stesso quale esclusione di ogni possibilità che comporti la continuazione o la persistenza dell’impresa, a qualsiasi titolo essa avvenga, avvalorando pertanto il profilo sostanziale e non formale del fenomeno “cessazione”.

Pertanto, nel caso in esame, hanno evidenziato che “la questione dirimente riguarda la verifica se, in ipotesi di una impresa, in cui l’esercizio provvisorio non sia stato disposto né con la sentenza dichiarativa di fallimento, né successivamente autorizzato dal giudice delegato, l’azienda possa o meno considerarsi cessata ai fini dell’operatività della deroga al divieto di licenziamento”.

Alla luce dell’oramai consolidato orientamento giurisprudenziale dell’art. 54, sono previsti limiti precisi e circoscritti per la deroga al generale divieto di licenziamento

“in considerazione del fatto che l’estinzione del rapporto si presenta come evento straordinario o necessitato e che tale deroga non può essere interpretata in senso estensivo”

Ne consegue che il licenziamento intimato alla lavoratrice, nella fattispecie, non risponde ai principi richiamati e viene quindi giudicato illegittimo.

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Separazione addebitata alla moglie violenta nei confronti del marito

Il Tribunale di Napoli pronunciava la separazione dei coniugi con addebito all’ex moglie. La decisione veniva confermata in appello dove veniva ritenuto sufficiente a confermare l’addebito un episodio di aggressione da parte della donna nei confronti del marito che, in realtà, costituiva uno dei ripetuti episodi di violenza posti in essere dall’appellante, a seguito dei quali si era consumata la crisi matrimoniale. La Cassazione ricorda che, in tema di separazione dei coniugi, le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole e anche quando siano concretizzate in un unico episodio, non solo la pronuncia di separazione personale, ma anche la dichiarazione dell’addebito.

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La ditta appaltatrice dei lavori con il bonus facciate è inadempiente: risarcito il Condominio

Un Condominio chiedeva alla società a cui aveva affidato le opere di rifacimento della facciata, usufruendo del bonus del 90% con sconto in fattura e detrazione fiscale, la condanna alla restituzione di oltre 50mila euro versati a titolo di acconto per i lavori, nonché il risarcimento dei danni non essendo mai stati iniziati i lavori appaltati. Nonostante l’apposita diffida e i solleciti telefonici, anche da parte del direttore dei lavori, la ditta appaltatrice non aveva infatti provveduto neppure alla predisposizione del ponteggio.

Il Tribunale ha ritenuto fondata la domanda. Dalla documentazione prodotta in atti, risultano comprovate, secondo il giudice, tutte le allegazioni specificamente illustrate in ricorso. La società convenuta «scegliendo di non costituirsi, non ha assolto al proprio onere di provare l’esatto adempimento alle obbligazioni assunte con il contratto».

Si è dunque di fronte ad un legittimo esercizio del diritto di recesso, con conseguente risoluzione del contatto, iniziativa a cui l’inerzia della parte convenuta dimostra di aderire.

Il giudice condanna dunque la società appaltatrice dei lavori alla restituzione delle somme.

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La convivenza prematrimoniale è rilevante ai fini della determinazione dell’assegno di divorzio

Le Sezioni Unite Civili hanno enunciato il seguente principio: «ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare.

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INPS: Chi soffre di malattie croniche può accedere in anticipo alla pensione di vecchiaia.

La legge stabilisce che, per poter accedere alla pensione di vecchiaia, un lavoratore debba avere minimo 67 anni di età ed aver versato almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, il requisito dell’età minima può essere notevolmente ridotto per chi, a causa di una malattia cronica, abbia subito una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore all’80%. In tali casi, il diritto alla pensione verrà acquisito con 6 anni di anticipo dagli uomini e 11 anni dalle donne. L’INPS stabilisce nel dettaglio quali sono le malattie che comportano invalidità per chi ne è affetto ed in quale percentuale. A seconda della gravità dei casi e della relativa compromissione della capacità lavorativa, infatti, alla persona verrà attribuito un grado di invalidità. L’ente stabilisce le linee guida da osservare per l’accertamento degli stati invalidanti, il cui elenco viene reso disponibile alle commissioni incaricate di operare l’accertamento sulla gravità della malattia o della menomazione psico-fisica.

Di seguito sono indicate alcune delle principali malattie croniche invalidanti che possono anticipare il pensionamento:
• disfunzioni cardiache, disfunzioni dell’apparato respiratorio o digerente (ad es. infiammazioni intestinali croniche);
• l’aver subito trapianti di organi;
• patologie renali;
• diabete mellito;
• l’aver subito amputazioni;
• malattie degenerative neurologiche come ad esempio sclerosi multipla, morbo di Parkinson, epilessia, o anche patologie psichiche come depressione cronica o schizofrenia;
• completa o parziale sordità;
• completa o parziale cecità;
• sindrome di Down; sindrome di Patau;
• malattie rare, tra cui la sindrome di Edwards, la fibrosi cistica, l’Aids, la talassemia, l’artrite reumatoide;
• cancro.

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